Le vicende geopolitiche e festivaliere si stanno prendendo la scena di questi giorni, forse più collegate di quanto si pensi, confermando, se che ne fosse bisogno, che Sanremo non è solo musica. Anzi, essendo oramai un fenomeno di costume, forse è soprattutto altro, come dimostrato dalla presenza, nella serata di inaugurazione, del Capo dello Stato Sergio Mattarella e dall’intervento di Roberto Benigni, a cui hanno fatto seguito, come da tradizione, polemiche politiche.
Mentre da noi si è a lungo discusso sulla presenza (in video) del Presidente ucraino Zelensky (come noto si è poi optato per la lettura di una sua lettera nella serata finale, fatto senza dubbio meno “disturbante” rispetto a delle immagini), lo stesso Presidente ucraino ieri è stato ricevuto prima dal Cancelliere britannico Sunak (oltre a tenere un discorso in Parlamento nella storica Westminster Hall ed essere poi ricevuto dal Re Carlo) e poi è volato a Parigi per incontrare Macron e il Cancelliere tedesco Scholz. Un summit che si è svolto non casualmente dopo il viaggio a Washington di due delegazioni del Governo francese e di quello tedesco: quindi con l’ok, di fatto, dell’amministrazione USA, elemento che forse da ancora più valore al viaggio di Zelensky. E che può suonare come un “campanello d’allarme” per il nostro Governo, escluso per la prima volta, dopo l’esperienza Draghi, dalla diplomazia che conta.
Una situazione che rischia di ripetersi anche a livello UE su tematiche prettamente economiche.
Oggi e, con tutta probabilità, anche domani, infatti, si riuniscono a Bruxelles i Capi di Stato e di Governo dei Paesi membri per discutere di competitività e gli aiuti di Stato. Probabilmente il Consiglio europeo darà il via libera all’allentamento dei vincoli oggi in vigore. Una volontà che mal si concilia con la posizione del nostro Governo, molto critico verso una norma che, ad oggi, ha certamente favorito Germania e Francia, le maggiori beneficiarie dei contributi, avendo “incassato” circa il 70% di quanto stanziato. Una posizione espressa molto chiaramente dal ministro dell’Economia e delle Finanze Giorgetti, piuttosto critico verso i 2 Paesi, e quindi anche verso la Commissaria alla concorrenza Margrethe Verstager, promotrice della riforma.
Dall’altra parte dell’Oceano, grande eco ha avuto il discorso sullo State of Union che il Presidente Biden ha tenuto, un paio di giorni fa, di fronte ai due rami del Congresso. Un intervento che molti hanno letto come l’annuncio di una nuova candidatura alle prossime presidenziali di fine 2024, incurante dell’età (compirà 81 anni il prossimo 20 novembre, e quindi saranno 82 a novembre 2024…). Un discorso che è servito a Biden per mettere in risalto i successi in campo economico ed occupazionale, rilanciando il nuovo piano di aiuti da $ 370 MD a favore delle imprese sul tema della transizione ecologica, cercando di mettere in un angolo l’opposizione trumpiana, responsabile, secondo l’attuale Presidente, dell’imponente crescita del debito pubblico Usa, arrivato a dicembre 2022 ad oltre $ 31.000 MD, ben superiore al PIL, che dovrebbe attestarsi, per il 2022, intorno ai $ 24.000 MD.
C’è poi il dramma del terremoto che ha colpito la Turchia e la Siria, le cui conseguenze appaiono oggi giorno più drammatiche, anche a causa del ritardo dei soccorsi, con molte zone ancora isolate. Pesantissima la situazione in Siria, a causa dell’isolamento internazionale in conseguenza della guerra e delle persecuzioni nei confronti degli oppositori del regime. Leggermente migliore la situazione in Turchia, dove, però, il terremoto ha colpito una zona più ampia e, soprattutto, molto più popolosa. Secondo alcuni sismologi, le vittime potrebbero arrivare addirittura ad oltre 180.000, un conteggio stimato sulla base degli edifici andati completamente distrutti (oltre 6.000). Una situazione che potrebbe essere causa di problemi per il Presidente Erdogan. A maggio sono previste le nuove elezioni: se fino a prima del sisma la sua vittoria sembrava certa, ora l’inefficienza dei soccorsi e l’incapacità a gestire la crisi umanitaria rischia di creare non pochi problemi al Presidente-dittatore. Vista il rilievo del Paese a livello geo-politico, un cambio della guardia potrebbe quindi portare a rivedere molti equilibri internazionali.
Questa mattina mercati della great China in “spolvero”, incuranti del calo serale di Wall Street (Nasdaq – 1,83%, Dow Jones – 0,61%, S&P – 1,11%): Shanghai è in rialzo dell’1,18%, mentre l’Hang Seng di Hong Kong sale dell’1,43%. Piatto il Nikkei a Tokyo (– 0,08%).
Segnali positivi arrivano dai futures, ovunque tonici (+ 0,4/0,5%).
Conferme arrivano dalle materie prime, tutte sui valori del giorno precedente: petrolio WTI a $ 78,59 (+ 0,04%), oro a $ 1.893 (idem).
Leggermente più deboli il gas naturale Usa, a $ 2,366 (- 1,4%) e quello europeo, con il megawattora a € 53,95 (- 1,19%).
Spread sempre in area 185 bp (185,8); invariato il nostro decennale, sempre intorno al 4.15%.
Treasury Usa a 3,63%.
Invariato anche il cambio €/$, a 1,073,8.
Debole questa mattina il bitcoin, che scende sotto i $ 23.000 (22.674).
Ps: quasi scontato oggi il “PS”: nella partita dei Lakers vs Oklahoma City Thunder, per quanto la sua squadra (Lakers) abbia perso, LeBron James ha stabilito il nuovo record di punti mai segnati in NBA. Ha superato, infatti, un “certo” Kareem Abdul-Jabbar, che, con 38.387 punti, deteneva il record da 39 anni (era il 1984). LeBron, con 38.390 punti, da ieri è il giocatore che ha segnato più punti. A 38 anni ha dimostrato anche nella partita dell’altra sera, di essere un “ragazzo”, segnando 38 punti, confermando, ancora una volta, di essere ciò che un titolo di Sports Illustrated, il settimanale sportivo per eccellenza, riportava in un numero apparso il 18 febbraio 2002 (solo 21 anni fa…): “the chosen one”, il prescelto.